domenica 23 marzo 2014

FOIBE: GUIDA PRATICA ALL'INTERPRETAZIONE DI UN 15 MARZO DA RECORD

C'erano tutte le prerogative per spaventarsi, quel pomeriggio del 15 marzo: le fonti ufficiali parlavano di moniti da parte dei rossi apparsi il giorno prima in piazza Savonarola, ovvero il punto da cui sarebbe partito il corteo coordinato da Casaggì Firenze. Inneggiavano a Tito, ex dittatore jugoslavo.


A maggior ragione, la pianificazione del perimetro d'azione dei due cortei era stata calcolata nel dettaglio: se da piazza Savonarola le camicette nere si erano prefisse di raggiungere il largo Martiri delle Foibe passando da viale don Minzoni, gli Antifascisti avrebbero ricordato alla città che quella delle foibe è la scusa che Vichi de Casa Pound rifila a chiunque pur di risultare credibile, ritrovandosi in piazza S. Marco. Oltre agli scontri, il terrore più grande dei fiorentini (e dell'hinterland che di sabato va a consumare a sbafo nella metropoli) era il blocco delle strade: in effetti l'ATAF aveva deviato diverse linee e alcuni dei viali erano totalmente off-limits. Quel pomeriggio quindi, verso le quattro, almeno tre squadre gareggiavano (e neanche correndo sulla stessa pista) sperando di arrivare primi; chi da una parte, chi dall'altra, in maniera del tutto solipsistica spingeva per ritrovarsi a ridosso del viale Statuto: i Neri al largo Martiri; i Rossi al piazzale d'ingresso della Fortezza da Basso, e tutto il resto (con una buona dose di totalmente ignari a proposito di cosa stava accadendo in città) al lago dei Cigni, in occasione del mercatino solito del terzo fine settimana del mese, "Firenze Anti-quaria".
Dalla parte dei Neri, le armi a disposizione (di vecchio stampo, ma sempre in grado di riscuotere un certo successo) erano fumogeni tricolore, fascette attorno ai bicipiti tricolore, bandiere tricolore – insomma la monotonia che caratterizza il discorso "Foibe", che si ritrova anche nei particolari estetici – nonché l'Onorevole Giorgia Meloni, alla quale è stata in seguito riconosciuta medaglia al valore per aver chiesto gentilmente alle camiciette di non intonare ben note canzoni, troppo anticostituzionali. Parlando di numeri, i cortei ammontavano sommariamente alla stessa cifra: Neri 150 – Rossi 150, palla al centro. Una sola cifra, un record per entrambi. Per loro che crescono (anche se trasversalmente non più di tanto, considerato che il rapporto tra il numero degli under 18 e degli over 50 rimane invariato), e per noi che ci disgreghiamo, ormai intimamente convinti di poter fare ben poco.
Ma la cifra che è degna d'analisi, a nostro avviso, è un'altra. È vero, c'erano tutte le prerogative per spaventarsi, eppure tutto è andato liscio agli occhi di chi ben pensa: i poliziotti presenti (pur non potendo parlare di numeri poiché non reperibili) al Largo saranno stati almeno una ventina, dotati di camioncino blu, tutti dritti con l'immancabile divaricatore invisibile tra le gambe; tutti rivolti verso le transenne che dividevano il parcheggio del largo dal viale Statuto. Dall'altra parte, in via Ridolfi a farsi sentire, i nostri erano stati bloccati da: transenne, stesso numero di Playmobil presenti lì davanti e camionetta annessa. Altra camionetta in via Dolfi per evitare che qualche furbacchione facesse il giro lungo per andare a disturbare l'altro corteo; per completare il tutto con altri poliziotti lungo il viale Spartaco Lavagnini. C'erano tutte le prerogative per spaventarsi, e noi ce l'abbiamo fatta. 

Ci chiediamo se non sia ai limiti del ridicolo il fatto che la polizia fosse presente in maniera così massiccia: d'accordo che l'Onorevole era lì dopo l'ennesima fatica, ovvero cimentarsi nell'arduo compito di recensire lo spettacolo di Cristicchi a proposito delle foibe, ma questo sembrava davvero un tentativo di prevenire un colpo di stato. Ci chiediamo da una parte come sia possibile (e giustificabile!) sostenere la spesa di una tale mobilitazione; dall'altra se sia ragionevole che la repressione si possa esercitare in maniera così silenziosa (chi era a comprare manufatti antichi ai giardini della Fortezza ha continuato fino alle 19) e senza che questa militarizzazione delle strade produca alcuno sconcerto nell'opinione pubblica, nella consapevolezza che le spese di uno stato (e l'immaginario collettivo che si coltiva nello stesso) possono condurre alla creazione di idee distorte su come vada gestita una situazione di eventuale scontro tra forze politiche. 

 Alleghiamo un estratto dal testo di un volantino distribuito dai gruppi Antifascisti a Roma – lo stesso giorno, con le stesse intenzioni – e lasciamo a voi la riflessione: che la repressione si incarni in un movimento politico organizzato o nelle istituzioni, a nostro avviso fa lo stesso.

La repressione.
Il discorso più comune che sentiamo ripetere in ambito di movimento è che con l’inasprirsi delle condizioni di vita e con quella che viene chiamata “crisi” o “austerity”, lo stato sia costretto a rispondere con la repressione, condannando gesti legittimi che puntano alla riappropriazione di alcuni diritti basilari per la vita di ognuno. Il fatto che queste pratiche, che si iscrivono nella classica dialettica politica e nel confronto con le istituzioni, vengano poi condannate, ci viene presentato come qualcosa che desta stupore. L’equazione è presto fatta: all’aumentare dell’austerità aumentano le lotte, all’aumento delle lotte risponde una dura quanto illegittima repressione.
























IL COLLETTIVO DI LETTERE E FILOSOFIA RIPUDIA E CONDANNA IL REVISIONISMO STORICO E SI SCHIERA CONTRO OGNI FORMA DI FASCISMO E CONTRO LE POLITICHE REPRESSIVE CHE DI ESSO SONO PROPAGGINI


NESSUNO SPAZIO AI FASCISTI DI IERI E DI OGGI


Per approfondire la questione sulle Foibe storicamente e politicamente rimandiamo ai seguenti link:

http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2008/1/00_SPECIALE_FOIBE.pdf

http://enna.anpi.it/files/2012/02/FOIBE-TRA-STORIA-E-PROPAGANDA.pdf

http://www.militant-blog.org/?p=10212

http://www.militant-blog.org/?p=10257

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