giovedì 5 novembre 2015

Fuga dal Campo 14


Uscito da poco più di un mese Fuga dal Campo 14 si presenta come un libro unico nel suo genere ed estremamente esauriente nella ricostruzione dei fatti di un complesso quadro storico, politico e sociale .
L’opera è stata portata avanti dal giornalista americano del Washington Post, Blaine Harden, il quale attraverso sette turni di interviste dislocate tra Seoul, Torrance (California) e Seattle,  ricostruisce tutto il corso dell’esistenza del giovane Shin Dong ̵Hyuk, trentaduenne, ex cittadino nord coreano, nato, cresciuto e poi fuggito da uno dei campi di lavoro presenti su tutto il territorio, il Campo 14.
Il 14 è quello di Kaechon, localizzato a sud di Pyongyang, incastonato in un panorama di valli e montagne scoscese, ospita circa quindicimila detenuti impiegati in miniere, fabbriche tessili o fattorie. Fu creato nel 1959, ha dunque alle spalle ben cinquantacinque anni di attività indisturbata.
Ma non è l’unico : i campi di lavoro per i prigionieri politici nordcoreani sono dislocati nella zona centrale e nel nord est del paese. Le fotografie satellitari visibili da google, mostrano grandi aree recintate che li isolano completamente dal mondo esterno e sono tutt’ora in espansione. La loro gestione è affidata  al Dipartimento per la Sicurezza di Stato, che attraverso il loro apparato di polizia segreta Bowibu , si occupa anche di prelevare i futuri detenuti dalle loro abitazioni nel cuore della notte.

Oltre alla complessità del contesto è anche interessante notare l’atipicità della testimonianza di Shin a livello letterario. Spesso nelle storie dei sopravvissuti ai campi di concentramento possiamo individuare lo stesso arco narrativo: il distacco forzato del protagonista dal calore del proprio nucleo familiare e lo sbarco nella realtà aliena del campo, dove le logiche di sopravvivenza sono stravolte rispetto al quotidiano. Hanno però tutti conosciuto l’affettività dei rapporti, la convivenza e il calore genitoriale, quindi sono ben consci che sopravvivere al lager significa abbandonare i propri principi morali e sopprimere i sentimenti verso il prossimo.  Conoscevano la vita fuori dal campo e avevano desiderio di farvi ritorno.
Ma a differenza loro, Shin non era disceso nell’inferno, lui là c’era nato e cresciuto e ne ha interiorizzato i valori. Tant’è che gli erano sconosciuti i motivi per cui fosse detenuto nel campo a regime duro di Kaechon: aveva normalizzato la sua condizione di prigioniero, per questo non era motivo di riflessioni. E non esisteva la Corea del Nord o del Sud, l’America, la Cina o l’Europa, non gli interessava la vita al di fuori del gulag, aveva solo fame.
La sua sopravvivenza era assicurata dalla giusta risposta agli stimoli del campo, una sorta di immensa scatola di Skinner : dato il contesto , con un repertorio di risposte di base, quella giusta è incentivata da uno stimolo positivo (raro, ma si trattava generalmente di qualche porzione in più di cibo o la speranza di un lavoro meno faticoso), quella sbagliata punita violentemente e in modo esemplare. 

Shin ha grosso modo la stessa età di Kim Jong Un, il principe comunista terzogenito del “Caro Leader” Kim Jong Il, salito al potere nel dicembre 2011. I due coetanei rappresentano i poli opposti di privilegio e privazione nella Corea del Nord, società nominalmente senza classi ma dove in realtà tutto dipende dal sangue e dal lignaggio.
Spesso Harden interviene durante la narrazione fornendoci un quadro più ampio di quella che è la profonda contraddittorietà della Corea del Nord, dove da un lato c’è il lusso e lo sfarzo della famiglia Kim, dall’altro un paese terribilmente denutrito, nel quale neanche l’élite residente a Pyongyang può accedere alla corrente elettrica durante tutto l’arco della giornata.
La sopravvivenza è legata gran parte agli aiuti umanitari, gestiti illegalmente dal commercio vagabondo e mercati privati , che a loro volta, alimentano una corruzione dilagante in quello che è il paese più militarizzato al mondo.
Ciò che lo stato ha in serbo però per chi è prigioniero nei campi sono lavori forzati, fame cronica e una conseguente morte precoce per malattie.
In Corea del Nord è legale incriminare i cittadini in base ai legami di sangue e parentela, e imprigionare i trasgressori insieme ai propri parenti secondo una legge istituita da Kim Il Sung nel 1972 : Il seme dei nemici di classe, chiunque essi siano, deve essere estirpato attraverso tre generazioni. Quindi, dal momento che il sangue di Shin è “contaminato” dai crimini ereditati dai fratelli di suo padre, era giusto che vivesse assieme agli altri detenuti al di sotto della legge, nel segreto assoluto di un’accusa non formulata, che non ha bisogno di processo o difesa.

Nel 2004 le Nazioni Unite nominarono uno special rapporteur, Vitit Muntarbhorn, per i diritti Umani in Corea del Nord, ma non è in nessun modo riuscito a influenzare il governo di Pyongyang o a far aumentare la consapevolezza internazionale sui campi. La Corea del Nord si rifiutò fermamente di far entrare il rappresentante delle Nazioni Unite per i diritti umani e condannò i suoi rapporti annuali come complotti per rovesciare il governo.

Ad oggi si stima che all’interno dei sei campi per prigionieri politici (Kaekon, Yodok, Hwasong, Puckhang, Hoeryong, Chongjin) e quelli rieducativi, siano internati tra le 150 e le 200 mila persone.
Il fact-checking non è assolutamente possibile. Nessun estraneo ha mai visitato i campi per prigionieri politici e i resoconti di ciò che succede al loro interno non possono essere verificati, né smentiti. Quindi fino a quando la Corea non darà la disponibilità a sopralluoghi esterni nei suoi territori, non avrà modo di confutare i fatti.
Il libro di Harden è uscito in Italia questo settembre, edito dalla Codice edizioni di Torino, 2014.
Tutte le testimonianze di cui disponiamo tra ex detenuti e guardie sono state raccolte nel rapporto dall’esperto di diritti umani David Hawk, The Hidden Gulag, sempre in aggiornamento.

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