giovedì 27 marzo 2014

CINEFORUM A LETTERE

Giovedì 3 aprile la facoltà rimarrà aperta per ospitare il cineforum con la proiezione di "Sbatti il mostro in prima pagina" di M. Bellocchio.

Vi aspettiamo in AULA MAGNA - ex Architettura, piazza Brunelleschi 4.




mercoledì 26 marzo 2014

Muerte a Franco y Viva la Movida!

Il 1° aprile 1939, dopo una sanguinosa guerra civile, le forze fasciste spagnole guidate dal Generalìsimo assunsero la guida della nazione.
La Spagna dovette attendere 36 anni per uscire dall'oscurità della dittatura, dall'intorpidimento della vita, dalla morte della politica.


“Animazione” fu la risposta della gioventù che vide la rinascita della democrazia e, uscendo dalle case, ruppero definitivamente ogni coprifuoco che l'autorità aveva fino a quel momento imposto. La notte tornò a vivere.

Iniziò a Madrid. Pian piano raggiunse tutte le città spagnole, per approdare infine nei dizionari: movida.
Letteralmente: “animazione, movimento”; semanticamente: “intensa e vivace vita artistica e culturale notturna”.
Intensa e vivace? Rumorosa! È conseguenziale, è la vita.
Artistica e culturale? Controculturale! 

Per chi non conoscesse la storia, la controcultura è quel movimento di pensiero che ha smascherato, analizzato, stravolto e combattuto l'ipocrisia della morale liberale che da ormai un secolo pervade e contagia le nostre città e i nostri concittadini.
Sentire, leggere frasi come “No alla movida!” oppure inni come “Movida alternativa” e d'allegato “Vogliamo dormire!”, è come diagnosticare senza il minimo errore che la pandemia è ormai dilagante: si vuole tornare alla morte, all'intorpidimento, all'oscurità.

Qui subentrano gli opportunisti. Gli affamati di consensi, di potere. Politicanti liberali che drizzano le orecchie ad ogni voce di popolo strumentalizzabile, soprattutto se reazionaria, soprattutto se in tempi di primarie comunali. Loro si adeguano a queste voci, iniziano col frignare invece di intavolare un dialogo, finiscono col battere i piedi per terra. Ecco che la politica del “fare” è la politica del bambino che non tratta con i suoi prossimi: “Il pallone è mio e decido io chi gioca!”.Se tu non stai simpatico agli altri, non giochi. Nessuna contrattazione, nessuna analisi: solo autorità.
È da pensieri semplici come questo che nascono idee proibizioniste come le regolamentazioni sulla vendita di alcolici e le limitazioni sull'accesso alla città con i potenziamenti notturni della Zona a traffico limitato.

Dal 4 aprile, infatti, entrerà in vigore la "nuova" ordinanza comunale del promesso sindaco che include il ripristino della Ztl notturna, ovviamente più forte e potente che mai, e nuove regolamentazioni per i locali: così la politica fiorentina fa guerra alla Movida. Non senza polemiche, naturalmente trasversali. Cittadinanza, gestori, turisti, realtà politiche differenti. Si discute sul “s'ha da fare” o sul “non s'ha da fare”, ma non sui perché. Oltre ad occuparsi del sonno dei residenti in centro, tutto ciò a cosa fa comodo? Veramente alla quiete? O alla sua apparenza?
Magari alla sua mercificazione.

Se una città diventa espressione della volontà regnante fra i suoi abitanti, allora è chiaro che Firenze, ormai da tempo, sta perdendo quella volontà sociale che un tempo era caratterizzante.
Sta forse perdendo di movimento, di animazione. Forse sta solo morendo e per rispetto, nei cimiteri, si fa silenzio.
Sia dunque la nascita di nuovi e velati coprifuochi, si sacrifichi la collettività in nome della nuova Zona a traffico Liberale! 
Possibile che le nostre libertà abbiano perso così tanto valore? E a favore di cosa?
Vivere la notte è prendere possesso non solo della città ma anche del concetto di cittadino che la anima, che ne è parte integrante e individuale; è ridare aria a quella socialità che sta progressivamente marcendo in quell'umido angolo del cassetto del nostro essere umani.





domenica 23 marzo 2014

FOIBE: GUIDA PRATICA ALL'INTERPRETAZIONE DI UN 15 MARZO DA RECORD

C'erano tutte le prerogative per spaventarsi, quel pomeriggio del 15 marzo: le fonti ufficiali parlavano di moniti da parte dei rossi apparsi il giorno prima in piazza Savonarola, ovvero il punto da cui sarebbe partito il corteo coordinato da Casaggì Firenze. Inneggiavano a Tito, ex dittatore jugoslavo.


A maggior ragione, la pianificazione del perimetro d'azione dei due cortei era stata calcolata nel dettaglio: se da piazza Savonarola le camicette nere si erano prefisse di raggiungere il largo Martiri delle Foibe passando da viale don Minzoni, gli Antifascisti avrebbero ricordato alla città che quella delle foibe è la scusa che Vichi de Casa Pound rifila a chiunque pur di risultare credibile, ritrovandosi in piazza S. Marco. Oltre agli scontri, il terrore più grande dei fiorentini (e dell'hinterland che di sabato va a consumare a sbafo nella metropoli) era il blocco delle strade: in effetti l'ATAF aveva deviato diverse linee e alcuni dei viali erano totalmente off-limits. Quel pomeriggio quindi, verso le quattro, almeno tre squadre gareggiavano (e neanche correndo sulla stessa pista) sperando di arrivare primi; chi da una parte, chi dall'altra, in maniera del tutto solipsistica spingeva per ritrovarsi a ridosso del viale Statuto: i Neri al largo Martiri; i Rossi al piazzale d'ingresso della Fortezza da Basso, e tutto il resto (con una buona dose di totalmente ignari a proposito di cosa stava accadendo in città) al lago dei Cigni, in occasione del mercatino solito del terzo fine settimana del mese, "Firenze Anti-quaria".
Dalla parte dei Neri, le armi a disposizione (di vecchio stampo, ma sempre in grado di riscuotere un certo successo) erano fumogeni tricolore, fascette attorno ai bicipiti tricolore, bandiere tricolore – insomma la monotonia che caratterizza il discorso "Foibe", che si ritrova anche nei particolari estetici – nonché l'Onorevole Giorgia Meloni, alla quale è stata in seguito riconosciuta medaglia al valore per aver chiesto gentilmente alle camiciette di non intonare ben note canzoni, troppo anticostituzionali. Parlando di numeri, i cortei ammontavano sommariamente alla stessa cifra: Neri 150 – Rossi 150, palla al centro. Una sola cifra, un record per entrambi. Per loro che crescono (anche se trasversalmente non più di tanto, considerato che il rapporto tra il numero degli under 18 e degli over 50 rimane invariato), e per noi che ci disgreghiamo, ormai intimamente convinti di poter fare ben poco.
Ma la cifra che è degna d'analisi, a nostro avviso, è un'altra. È vero, c'erano tutte le prerogative per spaventarsi, eppure tutto è andato liscio agli occhi di chi ben pensa: i poliziotti presenti (pur non potendo parlare di numeri poiché non reperibili) al Largo saranno stati almeno una ventina, dotati di camioncino blu, tutti dritti con l'immancabile divaricatore invisibile tra le gambe; tutti rivolti verso le transenne che dividevano il parcheggio del largo dal viale Statuto. Dall'altra parte, in via Ridolfi a farsi sentire, i nostri erano stati bloccati da: transenne, stesso numero di Playmobil presenti lì davanti e camionetta annessa. Altra camionetta in via Dolfi per evitare che qualche furbacchione facesse il giro lungo per andare a disturbare l'altro corteo; per completare il tutto con altri poliziotti lungo il viale Spartaco Lavagnini. C'erano tutte le prerogative per spaventarsi, e noi ce l'abbiamo fatta. 

Ci chiediamo se non sia ai limiti del ridicolo il fatto che la polizia fosse presente in maniera così massiccia: d'accordo che l'Onorevole era lì dopo l'ennesima fatica, ovvero cimentarsi nell'arduo compito di recensire lo spettacolo di Cristicchi a proposito delle foibe, ma questo sembrava davvero un tentativo di prevenire un colpo di stato. Ci chiediamo da una parte come sia possibile (e giustificabile!) sostenere la spesa di una tale mobilitazione; dall'altra se sia ragionevole che la repressione si possa esercitare in maniera così silenziosa (chi era a comprare manufatti antichi ai giardini della Fortezza ha continuato fino alle 19) e senza che questa militarizzazione delle strade produca alcuno sconcerto nell'opinione pubblica, nella consapevolezza che le spese di uno stato (e l'immaginario collettivo che si coltiva nello stesso) possono condurre alla creazione di idee distorte su come vada gestita una situazione di eventuale scontro tra forze politiche. 

 Alleghiamo un estratto dal testo di un volantino distribuito dai gruppi Antifascisti a Roma – lo stesso giorno, con le stesse intenzioni – e lasciamo a voi la riflessione: che la repressione si incarni in un movimento politico organizzato o nelle istituzioni, a nostro avviso fa lo stesso.

La repressione.
Il discorso più comune che sentiamo ripetere in ambito di movimento è che con l’inasprirsi delle condizioni di vita e con quella che viene chiamata “crisi” o “austerity”, lo stato sia costretto a rispondere con la repressione, condannando gesti legittimi che puntano alla riappropriazione di alcuni diritti basilari per la vita di ognuno. Il fatto che queste pratiche, che si iscrivono nella classica dialettica politica e nel confronto con le istituzioni, vengano poi condannate, ci viene presentato come qualcosa che desta stupore. L’equazione è presto fatta: all’aumentare dell’austerità aumentano le lotte, all’aumento delle lotte risponde una dura quanto illegittima repressione.
























IL COLLETTIVO DI LETTERE E FILOSOFIA RIPUDIA E CONDANNA IL REVISIONISMO STORICO E SI SCHIERA CONTRO OGNI FORMA DI FASCISMO E CONTRO LE POLITICHE REPRESSIVE CHE DI ESSO SONO PROPAGGINI


NESSUNO SPAZIO AI FASCISTI DI IERI E DI OGGI


Per approfondire la questione sulle Foibe storicamente e politicamente rimandiamo ai seguenti link:

http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2008/1/00_SPECIALE_FOIBE.pdf

http://enna.anpi.it/files/2012/02/FOIBE-TRA-STORIA-E-PROPAGANDA.pdf

http://www.militant-blog.org/?p=10212

http://www.militant-blog.org/?p=10257